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Questa raccolta rappresenta l'esordio poetico di Maria Ausilia Maggi. Il titolo Studicarìe nel gergo vernacolare tarantino significa "cose inutili, di poco conto", "schiocchezze", "stupidaggini", "tonterìe". La parola viene finanche utilizzata in senso salvifico e positivo per sdrammatizzare, minimizzare senza banalizzare, tranquillizzare e ridurre l'impatto emotivo e tensivo di un evento avverso, quasi a volerlo esorcizzare mediante il linguaggio con funzione di intercalare. La Maggi in questa raccolta anti-lirica e antinovecentesca affronta con spirito scandalosamente ironico, dissacrante e coraggioso, in primis la tragedia dell'amore come parte del tragico della vita; sottesi all'amore emergono gli altri drammi umani (il suicidio, lo stupro, la pedofilia, ecc..).